Sciame sismico nei Campi flegrei. Rischi naturali, rischi sociali

La zona dei Campi Flegrei, situata per la maggior parte a pochi chilometri ad Ovest della città di Napoli, è sicuramente una delle aree più belle d’Italia. Si tratta di una grande caldera in stato di (relativa) quiescenza, con un diametro di 15-18 km; i suoi limiti dal lato “napoletano” sono dati dalla collina di Posillipo e da quella dei Camaldoli, dal lato “puteolano” dal monte di Cuma e dal monte di Procida. All’interno di questa caldera si trovano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici, alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive o idrotermali, come la Solfatara e i Pisciarelli. Oltre a ciò in zona sono presenti laghi di origine vulcanica, tra cui il famoso lago d’Averno descritto da Virgilio, nonché laghi costieri formatisi per sbarramento, come il lago di Lucrino, il lago Fusaro ed il lago Miseno. Il tutto si affaccia su uno stupendo mare tirrenico, roccioso e pieno di insenature, con la presenza di numerosi ed estesi resti archeologici greci e romani più altrettanto numerose attività termali, una delle quali – le “Stufe di Nerone” – mette insieme l’aspetto termale e quello archeologico.

No, non mi sta pagando l’Ente del Turismo: la descrizione appena fatta è verissima e, soprattutto, è fondamentale per spiegare cosa sta succedendo nella zona di là dell’aspetto geologico. Infatti una simile area, da un lato, è abitata regolarmente da decine di migliaia di persone delle più varie estrazioni sociali ma per la maggior parte di reddito medio e basso, dall’altro, è da lungo tempo adocchiata dalle multinazionali del turismo che vedono la presenza degli abitanti come il fumo negli occhi, un ostacolo alle loro mire speculative. Questa cosa va tenuta presente per capire le dinamiche che si sono verificate e si stanno verificando nell’Area Flegrea.

Questa negli anni ’70 del secolo scorso fu segnata da un’intensa attività bradisismica. Il 2 marzo 1970, una scossa di magnitudo 3.4 segnò l’inizio di una serie di scosse sismiche che sconvolsero la città. Le scosse durarono per mesi e provocarono danni agli edifici, soprattutto nel Rione Terra di Pozzuoli, un antico borgo medievale situato sulla sommità di un cratere vulcanico, dal notevole interesse turistico ma abitato dalla fascia popolare della città. Giustificandosi con i pericoli per l’incolumità degli abitanti, le autorità disposero l’evacuazione completa del Rione Terra il 30 settembre 1970 – gli abitanti però per la gran maggioranza rifiutarono inizialmente di farlo, subodorando dietro il decreto le solite speculazioni turistiche. La risposta del potere politico fu di tipo militare, nel senso stretto della parola: migliaia di persone furono costrette dall’esercito ad abbandonare le loro case e trasferirsi in altri quartieri della città o in comuni limitrofi.

L’evacuazione del Rione Terra rappresentò un evento drammatico per la comunità puteolana: la città perse violentemente uno dei suoi simboli storici e culturali e molti abitanti dovettero affrontare difficoltà e disagi significativi, senza poi più riuscire a tornare.
Sarebbe lungo spiegare come le mire speculative sul Rione Terra non andarono a buon fine, a causa di scontri interni tra i vari poteri locali e le piccole e grandi aziende del turismo. Attualmente, una parte del Rione Terra è stata riaperta al pubblico nel 2014 come area archeologica di grande valore dove si possono visitare i resti delle antiche abitazioni, delle chiese e dei monumenti, immergendosi nella ricca storia di questo luogo millenario. Gli antichi abitanti però sono stati deportati da un pezzo senza una effettiva contropartita e, dal punto di vista della speculazione turistica, ottenendo molto meno di quello che si sperava con la deportazione della popolazione.

Dal 2005, i Campi Flegrei stanno sperimentando nuovamente un fenomeno bradisismico caratterizzato da sollevamento del suolo, attività sismica e cambiamenti nella composizione chimica delle fumarole, aumentate anche di numero e frequenza. Attualmente, il livello di allerta è giallo, cioè un livello che indica una fase di “attenzione” e si applica quando ci sono variazioni significative nei parametri monitorati ma, allo stesso tempo, non ci sono segnali che suggeriscono un’imminente eruzione. Nel mese di aprile 2024 sono stati registrati 1252 terremoti nell’area dei Campi Flegrei, con una magnitudo massima di 3.9±0.3. Gli eventi sono stati localizzati principalmente tra Pozzuoli, Agnano, l’area Solfatara-Pisciarelli, Bagnoli e nel Golfo di Pozzuoli, con profondità concentrate nei primi 3 km e profondità massima di circa 4.5 km: si è registrato un sollevamento del suolo nell’area di massima deformazione di circa 3 cm.

Durante il picco di questi eventi (dopo una scossa di 3,7 e soprattutto dopo quella successiva di 4,4) la popolazione si è riversata per le strade, mostrando tutto quello che, in termini di pronto intervento programmato dalle istituzioni in casi del genere, era stato concretamente attuato: davvero poco. Nei giorni a seguire si sono formati in maniera caotica, spesso senza che l’uno fosse a conoscenza dell’esistenza degli altri, vari comitati popolari, situati nei quartieri o nei campi tenda: si tratta di comitati variamente composti dal punto di vista sociale, che vedono la presenza sia di chi ha un’unica abitazione magari danneggiata e letteralmente non sa dove andare, sia di chi magari possiede una decina di b&b.

Alcuni dei compagni del Gruppo “Francesco Mastrogiovanni” FAI abitano proprio nella “zona rossa” e si sono trovati immediatamente coinvolti nel problema, sono quindi stati presenti fin dall’inizio nelle cose, insieme al resto del gruppo hanno prodotto un comunicato e cercato immediatamente il contatto con gli altri compagni che vivono ed operano nella zona flegrea. Nel momento in cui scrivo, domenica 2 giugno 2024, si sta cercando di mettere in piedi un coordinamento centrato sugli interessi di classe degli strati popolari che abitano nell’Area Flegrea, monitorando in maniera permanente il territorio e le strategie del potere politico ed economico.

Citando da un volantino che sarà distribuito in zona, “Le istituzioni e i giornali contribuiscono a fomentare la confusione tra il fenomeno del bradisismo e le eruzioni vulcaniche. Un errore grossolano e malizioso, soprattutto se consideriamo che la popolazione dell’Area Flegrea vive da millenni in questo territorio. Esattamente come altri popoli, in Giappone, alle Hawaii o in Islanda, vivono su territori soggetti a terremoti e vulcani pari ai ‘nostri’ Campi Flegrei. Se la popolazione ha paura è perché è conscia dei rischi legati anche al malaffare edilizio. (…) Ha il sacrosanto diritto alla paura dinanzi agli eventi e le reali preoccupazioni materiali, visto che migliaia di edifici sono ad alta vulnerabilità in particolar modo con previsioni di aumento dell’attività sismica per intensità e forza, ma i governi e le istituzioni invece non possono governare tramite la paura (…)”.

Le richieste immediate elaborate nella prima riunione per il coordinamento, poi, sono soprattutto incentrate intorno alla necessità di far sì che eventuali allontanamenti dalle abitazioni siano effettuati con modalità tali da garantire alle popolazioni il ritorno ai territori in modo che questi non siano abbandonati alla speculazione delle grandi multinazionali del turismo. Le quali, detto per inciso, farebbero fuori anche i piccoli gestori locali di b&b, ristorazioni e simili presenti nei vari Comitati dove portano avanti posizioni filoistituzionali…

Come andrà a finire la cosa dipenderà dai rapporti di forza che si riusciranno a creare. Chi scrive ha avuto due fondamentali esperienze come “soccorritore” in “zone del disastro”: giovanissimo nell’Irpinia del terremoto del 1980 e poi adulto in quello della zona de L’Aquila del 2009. Erano due momenti decisamente diversi dal punto di vista politico e sociale: nel primo caso in Italia c’era ancora un movimento politico della sinistra extraparlamentare molto forte, nel secondo purtroppo no.

Nel primo caso, con tutte le difficoltà, le ruberie, i tempi lunghi, ecc. in qualche modo si è fatto sì che le popolazioni, alla fine, riuscissero a ritornare nei loro paesi. La presenza dei movimenti sia nell’ambito dei soccorsi sia all’interno della popolazione dei paesi ha fatto sì che, grazie anche al fresco ricordo degli avvenimenti legati al Rione Terra, alla fine oggi io ritorno all’interno di paesi situati negli stessi luoghi dove sono i ricordi di me che mi aggiro tra tetti delle case all’altezza della mia spalla ed aiuto parenti sconvolti ad estrarre morti e feriti dai crolli, a costruire ripari e mense di fortuna e quant’altro.

L’Aquila, purtroppo, è stata una storia diversa: i movimenti, sia “esterni” sia all’interno delle zone terremotate, non erano al livello quantitativo di quelli di una trentina d’anni prima e, forse, anche la percezione di questo da parte del potere politico ed economico ha fatto sì che la speculazione abbia agito in maniera spudorata, in una sorta di operazione “Rione Terra” su larga scala, anche qui senza nemmeno giungere a raccogliere per intero i frutti sperati per cui si sacrificavano le popolazioni alle divinità del profitto e del potere.

Veniamo allora a noi. L’Area Flegrea, l’abbiamo visto, è una situazione geologicamente diversa sia dall’Irpinia sia dall’Abruzzo, luoghi questi dove le forti scosse sismiche arrivano, in pratica, all’improvviso. È, invece, quella flegrea una zona dove gli sciami sismici ed i fenomeni connessi sono continui e gli abitanti quindi sono in qualche modo abituati alla convivenza con fenomeni che – almeno dal punto di vista statistico – molto di rado raggiungono i picchi dei grandi terremoti appenninici. In questi ultimi cinquant’anni qui le speranze delle multinazionali del turismo che il continuo paventare eventi estremi – ripetiamo: non impossibili, ma statisticamente rari da aspettarsi – facesse calare il numero degli abitanti sono andate del tutto a vuoto. La popolazione è anzi continuamente aumentata, in termini di decine di migliaia.

Il che d’altronde è ovvio. Se la gente viene impoverita sempre più, sempre più tenderà a cercare casa dove le abitazioni costano meno; il fenomeno reale del bradisismo ed il continuo paventare eventi estremi hanno reso, soprattutto in certi momenti, l’Area Flegrea una zona decisamente più abbordabile. Anche per questo è vergognoso il commento del ministro Musumeci “Chi ha scelto di vivere ai Campi Flegrei dovrebbe sapere di vivere in un’area che presenta rischi”: sa tanto della dichiarazione di Maria Antonietta di Asburgo-Lorena Regina di Francia “Se non hanno più pane, che mangino brioche”. Maria Antonietta questa frase in realtà molto probabilmente non l’ha mai detta, Musumeci la sua frase a dir poco infelice sì.

Occorre allora costruire rapporti di forza sul territorio, tenendo conto del fatto che, citando da un nostro volantino, “non si dovrà mai trattare il bradisismo con interventi di operazioni straordinarie, semplicemente perché il bradisismo è per sempre” e che non possiamo fidarci delle istituzioni perché per loro, come hanno sempre dimostrato, “la vita, il benessere e i bisogni della persone dei campi flegrei valgono meno del denaro, degli interessi dei padroni e della logica dell’economia.” Rapporti di forza che mantengano una continuità organizzativa e durino nel tempo, perché occorrerà costringere il potere a far sì che un bel po’ di soldi vengano dirottati dalle tasche dei ricchi e dal bellicismo a favore delle esigenze del 99% dell’umanità.

Enrico Voccia

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